Ripropongo un argomento già affrontato l'anno scorso, ma sempre attuale.
Gennaio, è arrivato il momento dell'iscrizione alle superiori. Ma quale scuola scegliere?
La decisione non è mai facile, anche perché avviene a un’età particolarmente critica per tutti gli adolescenti. L’inizio delle superiori coincide con il momento in cui si scopre e si definisce ciò che si è e ciò che a grandi linee si diventerà, in termini di competenze cognitive ed emotive, di abilità e di fragilità; in cui matura il bisogno di sentirsi apprezzati e valorizzati fuori dal contesto familiare, vengono esplorate le prime autonomie e si sperimentano le prime relazioni amorose. La scuola superiore in quanto luogo di apprendimento - ma ancor più di socializzazione con i pari - diventa il principale banco di prova su cui gli adolescenti si sperimentano alla luce del sole e “senza rete”, in cui scoprono ed iniziano a esercitare le proprie potenzialità, il proprio valore, il ruolo che tenderanno ad assumere in tutti i successivi gruppi di appartenenza.
Per tale ragione è importante che la scelta dell’indirizzo scolastico sia oculata, per evitare – per quanto possibile - eventuali insuccessi che potrebbero andare a minare il senso di sé dei ragazzi, generare sentimenti di vergogna rispetto al gruppo dei coetanei, col rischio di viraggi verso una disaffezione alla scuola o verso comportamenti provocatori, trasgressivi e/o aggressivi o al contrario di isolamento, ritiro e rinuncia.
La riuscita scolastica dei ragazzi adottati varia molto da caso a caso. Accade tuttavia con una certa frequenza che la loro storia adottiva renda difficoltoso il raggiungimento di obiettivi di apprendimento impegnativi a cui peraltro i genitori o il ragazzo stesso aspirerebbero, in quanto percorsi scolastici più diffusi nel ceto sociale di appartenenza, o in quanto gli ambienti scolastici di riferimento vengono percepiti come più sicuri e protettivi dal punto di vista sociale. Lo scopo della scuola superiore non è però proteggere i ragazzi, ma dotarli degli strumenti culturali e professionali utili per entrare nella vita adulta sfruttando appieno potenzialità e doti personali. Per i genitori si tratta di acquisire un’immagine realistica del figlio nelle sue potenzialità e di accettare che il suo percorso scolastico possa essere diverso da quello che si era immaginato per lui.
Il criterio di fondo è dunque assecondare gli interessi e le abilità dei ragazzi, sperando che la scuola media abbia curato con attenzione l’orientamento e li abbia aiutati a scoprire e sviluppare i loro talenti e a riflettere su cosa desiderano per il proprio futuro. Quello che i ragazzi devono aver chiaro è che l’obiettivo a lungo termine della scuola superiore è trasformare le loro predisposizioni individuali in professioni. E se la scelta – pur condivisa con i genitori – spetta a loro (si tratta della loro prima vera scelta!), optare per un percorso scolastico solo perché è quello scelto da amici o compagni di classe non è una decisione saggia e matura.
E dunque: evitare le scelte superficiali (scuola vicina a casa, scuola scelta dagli amici...); evitare gli indirizzi scolastici che in partenza hanno già troppe materie che risultano sgradevoli, perché in tal caso l’insuccesso è quasi scontato; astenersi dalla “liceo-mania” (a meno che non siano presenti specifiche attitudini e una grande voglia di intraprendere un tale percorso di studio); optare per istituti tecnici o professionali, o per licei più specialistici che affianchino lo studio teorico a momenti di un fare finalizzato.
Quest’ultimo aspetto è particolarmente importante in quanto spesso a confliggere con i compiti scolastici non sono tanto le capacità cognitive (in molti casi elevate), ma piuttosto il peso eccessivo delle emozioni e dei pensieri. Col procedere dell'adolescenza l'accresciuta competenza emotiva e cognitiva unita alla necessità di definire la propria identità porta gli adolescenti adottati a confrontarsi con il proprio passato in modo più elaborato e consapevole -e spesso più connotato da angoscia –rispetto a quanto accadeva nell'infanzia. Questo confronto può far riemergere sentimenti molto intensi ed emozioni non elaborate, che vengono agite nelle relazioni familiari, amicali e amorose. Lo stato di agitazione interiore, che può essere costante in questa fase, tende a tradursi in comportamenti impulsivi e impazienti, e può virare, di fronte a episodi anche di scarsa entità, in momenti di sovraccarico emotivo che necessitano di essere scaricati attraverso passaggi all'atto (atti impulsivi, agiti aggressivi, ecc.).
E' evidente quanto questa tendenza alla scarica emotiva entri in conflitto con gli apprendimenti scolastici, che non offrono soluzioni immediate alle pressioni dell'ansia, ma anzi in qualche misura la intensificano, bloccando la scarica dell'emotività e allontanando il momento dell'azione e del raggiungimento dell’obiettivo. Questo vale in particolar modo per gli apprendimenti teorici, mentre apprendimenti che si realizzano attraverso un “fare” potrebbero mitigare almeno parzialmente questa tendenza.
Le teorie dell'attaccamento (Vadilonga 2010, Bombèr 2012) sottolineano d'altro canto come la possibile riattivazione -di fronte allo stress dell'adolescenza -di stili di attaccamento insicuri e disorganizzati propri degli inizi entri in contrasto con la possibilità di progredire nell'apprendimento(emotivo, sociale, scolastico): la possibilità di apprendere cose nuove richiede infatti un mondo interno sufficientemente solido e coerente e credenze positive su se stessi e sugli altri (autostima, capacità di tollerare la frustrazione e di fidarsi).
Pensiamoci, allora: quale spazio mentale è possibile dedicare, in queste fasi di turbolenza in cui la mente è invasa da tali urgenze emozionali, ad apprendimenti che richiedono concentrazione prolungata, studio metodico, capacità di autorganizzazione, acquisizione e rielaborazione di concetti astratti, progressiva integrazione di saperi molteplici e complessi?
Arrancare per cinque anni (o più), magari con l’ausilio della stampella “BES”, in quella che per voi genitori è la scuola migliore potrà portare a un diploma di un certo prestigio, ma condannerà vostro figlio ad anni di frustrazione e di stress, con un attacco all’autostima che sarà difficile recuperare. Una scuola meno impegnativa dal punto di vista teorico, più professionalizzante, più “su misura” rispetto alle sue potenzialità e ai suoi interessi, gli consentirà di progredire negli studi con maggiore serenità e, in seguito, di inserirsi con maggiore consapevolezza nel mondo del lavoro.
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